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Costacciaro

Dall'Eremo di Monte Cucco a Pian delle Macinare (sentiero 4) 

Tempo di percorrenza:4,5h andata (salita) 3h ritorno (discesa)
Difficoltà: E - Escursionistico
Lunghezza: 5 km
Dislivello: massimo 700 m

L’itinerario inizia in località Casa il Sasso , che si raggiunge prendendo il bivio per Pascelupo, poco dopo Isola Fossara sulla S.S. n.360 che collega Scheggia con Sassoferrato, attraversando la suggestiva Gola del Corno. Da qui si imbocca il sentiero n.4: una specie di strada carrozzabile che conduce all’Eremo di San Girolamo. Il percorso procede in salita fino all’eremo dove è d’obbligo una sosta.
La costruzione sorge nella parte orientale del massiccio del Monte Cucco, a 2 km da Pascelupo, a 661m s.l.m. Il romitorio è arroccato alla base di un anfiteatro di roccia calcarea con grotte sulla parete scoscesa; gli edifici si ergono su uno sperone che sovrasta la valle del Rio Freddo e non stupisce che tali luoghi abbiano ispirato il desiderio di contemplazione solitaria, vista la perfetta armonia tra lo scenario naturale scabro e suggestivo ed il complesso di celle medievali inserite nella roccia e circondate da boschi di faggio e castagno. Il difficile accesso al luogo non era un impedimento ma un invito per i monaci alla ricerca di un posto appartato. Gli elementi architettonici fanno risalire la costruzione intorno al secolo XI: l’imponente fabbricato è costituito da tre grandi nuclei in pietra con volta a botte ed alta torre al centro. Lo stile è romanico come si evince dalle finestre, le porte interne, le nicchie, tutte lavorate in pietra. Il fondatore dell’eremo in senso giuridico, storico e canonico è il Beato Paolo Giustiniani che con il permesso di Leone X fondò qui nel 1521 il primo eremo della congregazione Camaldolese di M.Corona. Da questa data, fino ai primi anni del sec XIX, l’eremo fu centro culturale di rilievo, salvo poi lentamente decadere; nel 1974 fu chiuso e cadde in completa rovina fino al 1981 quando vennero iniziati i restauri. Nel 1992 è ufficializzata la riapertura ad opera degli eremiti camaldolesi di M.Corona che, secondo la costituzione del loro ordine, rifuggono la presenza di persone nell’eremo. Singoli ospiti vengono accettati solo per periodi di ritiro spirituale: all’infuori dei momenti di preghiera comunitaria o del mangiare insieme non c’è vita in comune.
Dopo la sosta effettuata ad ammirare il luogo in un silenzio di religiosa meditazione, suggerito dalla presenza dell’eremo e dall’austerità della natura, si riprende decisamente a salire. Il percorso infatti si snoda all’interno del bosco con una serie di tortuosi tornanti che cercano di rendere meno faticoso il notevole dislivello che bisogna superare. Attraversando quote diverse si ha la possibilità di incontrare vari tipi vegetazionali che corrispondono alle varie fasce altitudinali secondo le quali è distribuita la vegetazione. Di particolare interesse sono alcuni gruppi di tiglio (Tilia plathyllos) in prossimità dell’eremo, che potrebbero rappresentare residui di antiche popolazioni ben più consistenti, assumendo così un particolare valore fitogeografico. Non è da escludere comunque la possibile introduzione da parte dei monaci. Lo stesso discorso vale per il bellissimo castagneto con esemplari secolari, situato sempre nei pressi dell’eremo. Queste specie, anche se probabilmente reintrodotte, contribuiscono comunque ad arricchire la diversità della copertura vegetale. La presenza del castagno, inoltre, denota un suolo dalle caratteristiche acide, non comuni in un luogo dove il terreno è prevalentemente calcareo. Proseguendo il difficoltoso, ma piacevole itinerario, si penetra nel bosco di orno – ostrieto con una prevalenza di carpino ed ornello cui si associano spesso esemplari di lecci (Quercus ilex) abbarbicati nelle zone più rocciose dove nessun’altra pianta potrebbe vivere, testimonianza anche del repentino passaggio dal suolo acido a quello calcareo. Il sottobosco è umido e caratterizzato dalla presenza di pungitopo (Ruscus aculeatus), ciclamino (Cyclamen repandem) e numerose specie di felci, tra cui la rara lingua di cervo (Phyllitis scolopendrium). Il sentiero continua a risalire la valle sfumando gradualmente nel bosco di faggio. La comparsa di questa specie, che vive generalmente al di sopra dei 900 m, ci dà un utile segnale della quota che abbiamo raggiunto. Arrivati a 925 m circa, il sentiero diviene molto più agevole e tranquillo per circa 1 Km per poi ricominciare a salire e uscire, dal bosco allo scoperto, su verdi praterie. Il percorso da qui continua nella strada carrozzabile che porta da Pian di Spilli a Pian delle Macinare. Sulla destra domina Col d’ Orlando con la sua splendida faggeta, mentre più avanti sulla sinistra, tramite un breve tratturo, c’è la Grotta Ferrata, testimonianza del diffuso fenomeno carsico che, oltre alla ben nota Grotta di Monte Cucco, ha originato altre cavità più o meno profonde in tutto il territorio del Parco. Proprio in corrispondenza del bivio con il sentiero n.8 che conduce alla vetta di Col d’Orlando, il percorso si discosta dalla strada carrozzabile e continua sulla sinistra. In questo punto è possibile rifornirsi di acqua per la presenza della fonte Acqua Passera, di origine carsica,. Si è ormai prossimi allo spettacolo di ampi prati fioriti che si aprono di fronte all’escursionista. Si è giunti a Pian delle Macinare. Dopo una sosta rilassante in questo luogo ameno, l’itinerario si ripercorre in senso inverso, impiegando
logicamente meno tempo dell’ascesa data la minore difficoltà.
Presenza acqua: si