La Valle delle Prigioni (sentieri 6-22-5-46)
Tempo di percorrenza:6h (comprese alcune soste)
Difficoltà: EE - Per escursionisti esperti
Lunghezza: 9,5 km
Dislivello: massimo 400 m
Da Scheggia si prende la SS n.360 che porta a Sassoferrato, passando tramite la suggestiva ed incantevole Gola del Corno; appena dopo l'abitato di Isola Fossara, si devia, sulla destra, per Pascelupo e quindi per Coldipeccio. Qui, lasciata l'auto, si inizia a camminare attraverso le vecchie case del Paese fino ad imboccare il sentiero n.6, che sale dolcemente con un alternarsi di radure e zone cespugliate composte da aceri, rosa canina, biancospino e prugnolo. Il suolo è piuttosto povero e la cotica erbosa lascia spesso apparire la roccia calcarea.Un danzare di vivaci farfalle e di insetti, dalle forme e dai colori insoliti, accompagnano il camminatore, mentre altri si posano sui fiori che bordano il sentiero e i prati circostanti. Si tratta di una natura incontaminata con suoni, profumi, colori di rara frequenza, dove l'impressione è quella di essere immersi in una realtà lontana miglia da quella del vivere quotidiano. Ma lo scenario più suggestivo è quello che gradualmente si apre di fronte: una tipica valle a V, solitaria e selvaggia, ricoperta da rigogliosi ed estesi boschi, che dapprima con il loro verde cupo , poi con i colori rosso-dorati dell'autunno, contrastano con gli ammassi di Calcare Massiccio che li dominano. E' l'austera ed "impenetrabile" Valle delle Prigioni, frutto dell'erosione operata dall'omonimo Rio che la solca, scelta dagli eremiti per la loro vita solitaria proprio perché vista come una prigione per il corpo ed il luogo ideale dove elevare l'anima ad una contemplazione sublime (poco distante sorge l'Eremo di S. Girolamo, vedi percorso n5). Il sentiero prosegue più o meno in quota, regalandoci la vista della valle a sinistra, del monte Motette a destra e dei Prati di Rolla di fronte. Questa zona è nota come "il giardino" in quanto, ora luogo d'intense fioriture, e fino a qualche decennio fa coltivata dalle genti di fondovalle grazie alla sue condizioni favorevoli.Dopo circa 1,5 ore di cammino tranquillo si giunge alla Fonte di S. Giglio, uno dei più importanti siti di ritrovamento di ammoniti. Qui si può fare una sosta e rifornirsi di acqua. Il sentiero prosegue ora in zone fresche e boscate fino ad incontrare dopo circa 1 km sulla sinistra la biforcazione col n.22. Questo scende, talora in maniera un po' scoscesa, con tratti parzialmente ostruiti da rovi e ginestre e si continua lungo la destra del Fosso Beto fino ad incontrare il sentiero n.5. La segnaletica non è sempre ben visibile, quindi si consiglia munirsi di una cartina e magari di una bussola. La natura diviene gradualmente più selvaggia, si è ormai immersi nella Valle delle Prigioni e si ridiscende costeggiando il Rio omonimo sulla sponda sinistra. Qui la vegetazione è lussureggiante e ricca di specie arboree ed arbustive; lungo il corso d'acqua sono presenti pioppi, salici, noccioli (Corylus avellana), oltre ad aceri campestri(Acer campestre) e roverelle (Quercus pubescens). Sui versanti che formano la valle si riscontrano invece boschi di caducifoglie con specie dominanti rappresentate da carpino nero (Ostrya carpinifolia) ed ornello (Fraxinus ornus) cui si aggiungono ciliegio canino (Prunus mahaleb), acero napoletano (Acer obtusatum), ginestra (Spartium junceum) , corniolo (Cornus mas), rosa canina (Rosa canina) ecc…Le varie specie si intrecciano in modo quasi magico, con forme talora stravaganti e bizzarre, al fine di mantenere l'equilibrio della fitocenosi, pur nella necessaria competizione per la luce. La presenza di piante rampicanti e lianose, richiami e canti di uccelli rievocano l'immagine di una giungla selvaggia. Non è raro incontrare il protetto giglio martagone (Lilium martagon). In prossimità di un faggio elegantemente spaccato in due, dove la presenza di una sorgente rende l'acqua più copiosa, si può fare un'altra sosta. Continuando si riprende un po' a salire; il paesaggio diviene un po' più scabro e aspro, ma non per questo meno suggestivo: ammassi di calcare massiccio, fiabescamente scolpiti nel tempo dall'erosione dell'acqua sono stati modellati a formare marmitte, orridi, piccole forre con rivi che appaiono e scompaiono attraverso la roccia. Qui il sentiero non è definito né facilmente percorribile, si consiglia quindi estrema cautela. Addentrandosi in questo scrigno di rara bellezza si rimane colpiti dall'austerità della natura fino a perdere il fiato quando si giunge sotto la cosiddetta "Scarpa del Diavolo": un gigantesco masso di Calcare Massiccio, che sembra quasi sospeso in aria, sovrasta chi cammina e l'ambiente circostante, incutendo un senso di stupore e al tempo stesso di timore reverenziale verso una natura così maestosa ed imperscrutabile. Il tutto è il risultato delle immani forze che hanno portato al sollevamento, tramite l'orogenesi, degli strati rocciosi sedimentatisi più di 200 milioni di anni fa. Queste rocce, più o meno rigide, hanno reagito in modo diverso quando sono state spinte a piegarsi e frantumarsi: quelle più duttili, come la Scaglia Rossa, si sono incurvate ad onde di piccole dimensioni mentre quelle più rigide, come ad esempio il Calcare Massiccio, hanno dato origine al modellamento su grande scala del paesaggio appenninico generando anticlinali, sinclinali, monoclinali di dimensioni chilometriche.
Il percorso prosegue con l'alternarsi di cascatelle e pozze d'acqua circondate da pareti rocciose dove vivono abbarbicati lecci (Quercus ilex) e l'ormai raro alloro (Laurus nobilis) insieme a varie specie di felci tra cui la lingua cervina (Phyllitis scolopendrium). Da segnalare anche la presenza del ruscolo maggiore (Ruscus hypoglossum). Dopo un po' di cammino il sentiero si snoda lungo prati e zone cespugliate che sono quelle più classiche del Parco, fino ad essere chiuso da uno sperone di roccia per cui il sentiero si infila all'interno di un tunnel, costruito per l'acquedotto, lungo circa 30m, dove si è costretti a passare per poi continuare il cammino dall'altra parte. Appena usciti, il sentiero si borda di piccoli e resistenti arbusti come il citiso (Cytisus sessilifolius), la vescicaria (Colutea arborescens), il corniolo, la ginestra , il maggiociondolo (Laburnum anagyroides) che colorano di giallo il percorso. Dopo circa 30 minuti di marcia, sulla sinistra, c'è un piccolo tratturo che conduce all'abitato di Pascelupo. Fatta una breve visita al paese, si prosegue verso Coldipeccio dove sono state lasciate le auto.
Presenza acqua: sì